mercoledì 17 febbraio 2010

ARTE



Io non gufavo per l'accapipgliamento, tranquillo.
La tua analisi (anche se la ritengo qualunquista) mi sta bene. Lo avevo già detto, si rischia di andare verso un soggettivismo estremo che porta a conseguenza ridicole.
Faccio un esempio. Tu, altrove avevi scritto: lasciati andare all'ascolto, o alla visione, se il tuo organismo rilascia endorfine, allora significa che quello che stai vedendo\ ascoltando è bello, è arte.
Capirai rileggendoti (nella mia trascrizione, non ho fatto copia-incolla, possono esserci differenze sostanziali) che il pericolo c'è. 
Ed è grande.
Vuol dire che se ascolto Eros Ramazzotti e rilascio endorfine allora quello è un artista. (Ho fatto un esempio a caso, non si offendano i ramazzottiani)...
E allora?? Chi piace a più gente e fa rialsciare più endorfine è un grandissimo artista, mentre chi non fa questo effetto è un coglione?

Sappiamo che non è così. O, almeno facciamo finta di saperlo.
Ma perchè non è così?
E se sbagliassimo noi?
A quel punto non esisterebbe l'arte. Ma solo delle forme espressive che funzionano o non funzionano soltanto se incontrano o non incontrano, l'esperienza esistenziale del fruitore.

Ora passiamo all'altra sponda, i tecnicisti.
Ci sono dei parametri per stabilire se una cosa è bella, è arte oppure no??

Vediamo a che porta questo.
Si creano scale di valori entro le quali dare giudizi tecnici. Un poco come nelle gare di pattinaggio artistico o di ginnastica.
Ma c'è un problema anche qui. Chi "sceglie" quei valori? Chi li fissa?

Ad esempio, chi dice che una voce con determinate caratteristiche è BUONA mentre un'altra voce non lo è?

Lasciamo stare poi tutte le implicazioni che escono dal soggettivismo stretto e sfociano nell'antropologia, nell'etnocentrismo, nella cultura dominante e nei mezzi che modificano i gusti ed inducono lo
spettatore\ascoltatore\fruitore
verso alcuni lidi e non verso altri.

Arrivo al dunque, che poi non è un dunque, anzi, è uno spazio metafisico che
non ha se e non ha ma.

Il giusto sta nel mezzo, anzi no, non mi piace questa deriva moderata. La mia è una deriva estrema.

Io la vedo così: (userò una metafora). 
L'atto artistico è un atto di creazione. Creazione non come ADDIZIONE DI NUOVA MATERIA, ma come costruzione di un ponte che porta dall'umano verso una sfera superiore che sta nell'universo, non in alto, ma dentro le cose, dentro tutte le cose, dentro di noi. Una sorta di zona sacra.

Ora che succede, che a quella zona o riesci ad attingere, o non ci riesci.
E non esistono tecniche. Le tecniche servono per utilizzare gli attrezzi (pennelli, strumenti musicali, telecamere, microfoni, ect)...Ma non per fare arte. 
Non è detto che uno strumento "ben" usato sia uno strumento efficace.
Sappiammo che grandi artisti sono stati coloro che hanno DEVIATO dalle regole e dalle convenzioni. Orson Welles per i tecnicisti era un "regista pippa" perchè faceva tutto quello che non si doveva fare con una telecamera, Bacon si rifiutò di seguire le regole della pittura. Ogni grande artista è tale perchè non si è attenuto, e non perchè è stato perfettamente ligio ai canoni.

Quando Alberto richiama alla sensazione fa una cosa molto saggia e mi trova molto in linea, ma anche la sensazione è uno stato.
Anche per poter ascoltare c'è bisogno di sapersi ritirare, di cancellare tutto il marcio che ci sta dentro...
La verità è come una statua caduta nelle profondità marine. I secoli hanno creato strati sempre più complessi di detriti, di sipari che si chiudevano pazientemente attorno alla vertità.
Solo guardando in fondo a quegli abissi, ignorando la polvere e i canti delle sirene, possiamo vederla.

Spero di essere stato chiaro.
(E spero d inon esserlo affatto)...

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