sabato 13 febbraio 2010

BLU E TURCHINI

Esploriamo le resistenze delle gravità quelle dell'aria fatta per esseri pennuti e ancora belli, e poi i profondi acquitrini, più oppure meno oceanici e blu (di nuovo), dove con grosso sforzo i pesci e le altre biologie hanno curato nel tempo, gene per gene prima, e fibra a fibra poi, i loro fisiomi.

Qui con enorme consumo di energie si muovono spostando ogni volta una materia pesante, circoscritta, che avvinghia e affatica ma hanno imparato a lasciarsi andare e galleggiare in tanto spessore molecolare. E poi ancora noi, esseri saliti sulla terra, che ci appoggiamo su noi stessi ed abbiamo imparato l'equilibrio essendone però schiavi a nostra insaputa.

Avremmo dovuto strisciare o saltare o contrarci allo spasimo.



Viviamo di un continuo cadere che ci fortifica i ginocchi. Abbiamo le piaghe alle mani e le spalle lussate. La tensione che portiamo nel collo, impressa sulla faccia, lungo le pareti della schiena, lungo i lati della lingua, prima o poi ci farà scoppiare.



Non riconoscersi in nulla, solo in certe piante e a volte in qualche casa dalle finestre socchiuse, ed altre volte nei cani coi quali ci spiace non poter condividere l'idioma. Parlare talmente tanto non per svuotarsi o anzi, sì per svuotarsi da perderla definitivamente questa parola.

La parola è limite, gli uomini sono gli esseri più limitati dell'intero mondo dei viventi.

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