venerdì 12 febbraio 2010

ROBERT WYATT. ALIFIB, UN VIAGGIO VERSO IL CENTRO.

Ecco. Iniziamo.




Forse avrei dovuto chiamare questo blog Alifib.
Ma sono arrivato tardi.
Alifib è un regalo stupendo che Wyatt ha fatto all'umanità. Un grido, che arriva nelle profondità più nascoste dell'anima.
Volare, mi sembra di volare, di cadere, sfiorare la terra, le fronde, l'acqua, il grano. Mi sento sciogliere, lacrimare, annegare, respirare. C'erano dei poveri uomini in un film russo poco noto, una pellicola stupenda di Artur Aristakisjan, uomini che vivevano in una comune moscovita. Erano dei barboni, dei relitti umani, che soffrivano come i cani. Tra loro c'era amore, c'era sesso, ma c'era soprattutto dolore. E c'era sofferenza.
Ad un certo punto un uomo, portato a braccia, da diversi individui, viene posato delicatamente su un lettino di legno e lui pratica l'autocastrazione.
Questa visione estrema, piena di pathos, in un bianco e nero sconvolgente, era raccontato dalla voce dolce e sensuale di Wyatt, una voce d'angelo che cantava le maledizioni della terra. Un canto insensato, una filastrocca metafisica che cerca di comunicare quello che non si può comunicare a parole che abbiano un qualsiasi senso... 

 

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