mercoledì 16 febbraio 2011

DENTRO

 
Il centro della mia ricerca adesso è il ritrovamento della spontaneità.
Si associa in modo assolutamente arbitrario ai bambini la spontaneità. Non è esattamente così.
Non lo è perchè chiamati al compito si dimostrano estremamente non-spontanei, a-spontanei direi.
Perdono completamente ogni minima pulsione naturale non appena si chiede loro di fare una qualsiasi cosa.
Ho provato a chiedere ad alcuni bambini "giocate". Ovviamente non sono riusciti.
Non sono riusciti perchè il contesto era un contesto chiuso e specifico.
A quel punto il loro mondo interno non ha avuto le condizioni di funzionare.
Altre volte ho assistito a momenti di folle spontaneità esibita senza pudore a due passi da me.
Non avendo esplicitato però il mio desiderio di "vedere", tutto ha funzionato a meraviglia.
Direi che i piccoli soffrono di affettazione almeno quanto gli adulti. Forse di più.
C'è il maledetto ateggiamento di ritenere necessario il rifugio in uno stereotipo espressivo.
Questo vale fortissimamente per i bambini, che, al momento dell'attenzione catapultata su loro, si vedono stretti in una necessità performativa che li porta ad inscriversi immediatamente in un modello riconosciuto. Un modello che li rassicura.
Paradossalmente, avendo meno modelli di riferimento, risultano più stereotipati di quanto possa esserlo un adulto (che almeno si rifà ad un numero di canoni maggiore).

Sto riflettendo sulla strada da percorrere affinchè i bambini vengano condotti a cercare una emozione in se stessi, anzi, nell'emozione stessa, senza sentire l'esigenza dell'immedesimazione (che non è mai un entrare dentro l'emozione, ma è sempre il tentativo, dettato dalla paura,
di riprodurre una fiacca immagine di quell' emozione).

Sicuramente il lavoro sul corpo potrebbe agevolare questa ricerca. Il bambino deve per prima cosa sentire il corpo. Deve imparare a definire il contesto nel quale si muove. Riflettere sul suo movimento. Solo in questo modo potrà staccarsi dagli automatismi.
Dovrebbe sentire il corpo allo stesso modo di quando gioca. Il momento del gioco è l'apice della sua spontaneità, ma è una spettacolarizzazione inconsapevole del suo mondo emotivo. Non rendendosi conto di essere

Sembra asurdo ma la forte consapevolezza del proprio corpo porta ad un allontanamento dal tentativo immedesimativo e, di conseguenza, ad una astrazione dal reale. Il corpo diventa talmente reale da funzionare come meccanismo a se stante.
Solo quando il corpo e la voce bel bambino diventano oggetti meccanici possono iniziare a cercare una emozione. Diventano appunto giocattoli manovrati da una coscienza esterna.
E' il bambino che gioca con il suo stesso corpo, con la sua stessa voce.
Questo procedimento va poi esteso alla percezione extracorporea. All'oggetto.
Ma questo è un passo successivo.

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